29 Nov Aparigraha, la leggerezza dentro e fuori
Siamo arrivati al quinto e ultimo degli Yama, che completa le cinque sagge “astinenze” riportate negli Yoga Sutra di Maharishi Patanjali, ovvero gli atteggiamenti da evitare per vivere meglio il rapporto con noi stessi e con gli altri.
Aparigraha si traduce letteralmente “non possedere” e si riferisce alla capacità di mantenere un sano distacco dalle cose. Ridimensionare il peso che diamo agli oggetti che riempiono la nostra vita.
Ciò non significa abbandonare completamente il mondo materiale. Tuttavia, grazie alla consapevolezza che lo Yoga ci insegna possiamo cambiare la nostra prospettiva e guardare al nostro attaccamento in maniera più leggera ed equilibrata.
Se siamo davvero onesti con noi stessi, ci accorgiamo di essere di passaggio in questo mondo: niente ci appartiene realmente. Perciò, che ragione c’è di attaccarsi a qualcosa, qualunque cosa? I beni vanno e vengono, mentre noi siamo qui a usarli quando ci servono, per poi lasciarli andare.
In yoga, la capacità di lasciare andare si dice vairagya e si facilita concentrandosi sulle espirazioni e abbandonando ogni tensione muscolare, ogni sforzo fisico e ogni pensiero, specialmente nei piegamenti in avanti come hastapadasana. Mentre siamo lì a espirare profondamente, possiamo aiutarci con il potere dell’intenzione, immaginare quello che ci appesantisce e sentirlo scivolarci giù dalle spalle e dalle braccia, e fermarci qualche altro respiro per percepire la leggerezza che ne segue.
Quante volte nel nostro quotidiano ci concentriamo su oggetti di cui non abbiamo davvero bisogno. Oggi la società ci bombarda di pubblicità e di stimoli che ci inducono a comprare comprare comprare. È così facile lasciarci coinvolgere, trovare scuse e giustificarci ogni volta per assecondare le pulsioni indotte. Così tanto che arriviamo a pensare che quell’oggetto sia talmente fondamentale che non possiamo fare a meno. A volte, la nostra identità viene coinvolta in questa dinamica ad un livello così sottile che nemmeno ce ne accorgiamo.
Purtroppo la conseguenza è che tutto questo consuma molte delle nostre energie – mentali, fisiche, economiche, emotive – e ci appesantisce. Attaccarsi rende avidi, lenti, pesanti, fragili, soli. Ci porta ad avere tante dipendenze che ci indeboliscono e ci fanno perdere il contatto con la semplice bellezza di ogni momento. Al contrario, lasciare andare ci rende adattabili e quindi resilienti.
E non ci riferiamo solo all’accumulo di oggetti materiali. Quando parliamo di lasciare andare, intendiamo liberarci dal peso di “cose” come i maglioni, i calzini, le scarpe, la foga nel mangiare e le scorte di cibo, i soprammobili, le fotografie, i libri, le tazzine, ma anche i pensieri, le idee, le emozioni, i ricordi, le notizie, la musica e le immagini, le parole, gli atteggiamenti, la conoscenza, i ruoli, le ambizioni, i progetti, le capacità, le convinzioni e i giudizi, le tensioni e le rigidità, i limiti, le abitudini, le certezze, la forma, l’immagine che abbiamo di noi stessi… Possiamo affezionarci davvero a tutto, anche alle lamentele e ai rimpianti.
Come fare, quindi? Brahmacharya ci suggerisce di usare le cose con moderazione, Satya ci porta a vederle per ciò che sono, effimere e temporanee, utili e meno utili. Ahimsa ci insegna a proteggerci in modo da non soffrire e non far soffrire gli altri per ragioni legate al possesso. Asteya ci dice di non togliere, non prendere ciò che non è nostro e ciò che non ci è necessario. Aparigraha ricorda di lasciare andare un po’ di più perché una volta liberi possiamo accogliere meglio ciò che realmente ci fa stare bene.
Piano piano, un pezzettino per volta, iniziamo a notare quante cose riempiono la nostra giornata e quale è il nostro atteggiamento nei loro confronti. Riusciamo a restare leggeri, sereni, flessibili? Possiamo fare qualche passo per allontanarcene e creare quel distacco che ci riporta in equilibrio? Sappiamo distinguere obiettivamente tra ciò che è davvero necessario e ciò che è superfluo? Tra ciò che ci aiuta, ci supporta e ciò che invece ci affatica e ci ostacola? Quanto siamo capaci di mollare la presa? Quanto siamo generosi in modo disinteressato?
Eh già, perché spesso lasciare andare può voler dire donare. Ciò che non è necessario a me, può esserlo per te. Io mi libero, tu guadagni e dalla condivisione nascerà ancora più leggerezza.
Tornando al mondo materiale, per questo Natale suggerisco un approccio alternativo e generoso. Prima di lanciarci negli acquisti, proviamo a osservare ciò che già abbiamo e ricicliamo quanto possibile. Raccogliamo ciò che non ci serve più, ciò che potrebbe piacere ad altri e trasformiamolo in una possibilità per chi invece ne ha bisogno o piacere. Lasciamoci guidare dalla fantasia, facciamo girare le cose e creeremo più gioia e meno consumo.
E ricordiamoci di donare anche parole, sorrisi, luce.
Sorry, the comment form is closed at this time.