Brahmacharya, la moderazione

Brahmacharya, la moderazione

Ed eccoci arrivati a Brahmacharya, il quarto degli Yamas e uno dei più sottili da seguire. Questo termine sanscrito si traduce letteralmente come “la via dello spirito” e quindi indica colui che cammina nel terreno della spiritualità. Che cosa significhi è molto individuale e ognuno di noi dovrà capirlo per sé, ma qui proveremo a esplorarlo insieme.

La “via di Brahman”, dello spirito, è quella che ci consente di avvicinarci sempre di più a noi stessi, alla nostra interiorità, a quella verità che teniamo stretta dentro. Quindi, essere sempre più autentici. Se ci guardiamo dentro con attenzione, troviamo una profonda capacità di autoaffermarci, una stabilità e una centratura che ci donano pace, gioia, gratitudine. Resilienza. Questa è la via di Brahman, la via dello Yoga.

Nella società in cui viviamo, purtroppo, tutto ci porta a cercare questo benessere all’esterno attraverso la soddisfazione dei sensi, ma sappiamo bene che si tratta di una ricerca effimera e improduttiva. Il piacere “sensuale” dura poco, e subito siamo chiamati a cercarlo da un’altra parte e a chiederne ancora e ancora, in una catena infinita che ci porta sempre più lontani da noi stessi. Avviluppati in una incessante ricerca, consumiamo molte delle nostre energie e rischiamo di perdere occasioni per dedicarci a ciò che davvero può completarci.

Quante volte cerchiamo la felicità fuori da noi stessi? La cerchiamo nel lavoro, in una relazione amorosa o sessuale, nel rapporto con gli amici, con i genitori, con i figli, con gli animali domestici. La cerchiamo nella vacanza al mare e nella gita in montagna, nella serata al cinema o al ristorante, nella domenica di relax, nel vestito che desideriamo comprare, nell’auto nuova, nel telefono nuovo, nello stipendio più alto, nel futuro che sogniamo… ma sappiamo che non potrà mai funzionare.

Brahmacharya porta con sé l’invito alla moderazione, a contenersi e a osservare attentamente il nostro rapporto con il piacere fisico. A dosare le nostre energie e scegliere con cura dove direzioniamo il nostro interesse, con quale intensità e per quanto tempo.

Autocontrollo non vuol dire mortificare il corpo, ma a viverlo con pienezza, equilibrio e un sereno distacco. Portando consapevolezza nel momento in cui ci serviamo dei nostri sensi, in tutti quei momenti in cui cerchiamo il piacere, osservandoli e scegliendo liberamente quando vogliamo sperimentarli appieno. Quando mangiamo un piatto che ci piace, quando osserviamo un bel panorama, un fiore o un paio di occhi, quando ascoltiamo una musica gentile o quando accarezziamo il gatto. Ascoltiamoci, sentiamo le nostre reazioni fisiche, mentali, emotive.

Che cosa suscita in noi questo atto? Che cosa sentiamo? Riusciamo a restare presenti, a goderci questo momento restando consapevoli della sua volatilità? Possiamo fermarci a osservare e a vivere appieno queste sensazioni? Questo piccolo esercizio ci aiuta a coronare, celebrare il nostro corpo e la sua bellezza, e ad assaporare ciò che ci può donare. Piccoli e grandi momenti di piacere temporaneo. Splendidi, unici, meravigliosi.

Consapevoli che il corpo è fatto per metterci in contatto con il mondo esterno, apprezziamo la sua funzione così come è. Ma osservando bene questi movimenti interiori ci accorgiamo della loro temporaneità. Sentiamo che non ci lasciano un benessere duraturo e stabile, non ci conducono alla felicità. Anzi, a volte ci aiutano a distrarci da emozioni scomode, che non abbiamo voglia di ascoltare.

Ed è proprio qui che viene il bello. Imparare a distinguere se ci stiamo rifugiando nei piaceri del corpo come distrazione o come semplice (e certamente piacevole) appagamento dei nostri bisogni essenziali. Quando stiamo nel corpo con le sue sensazioni senza cercare di fuggire dal momento presente ma esaltandolo, allora stiamo praticando brahmacharya.

Se ci pensiamo bene, affidare il nostro benessere a qualcosa di altro da noi ci rende poveri e sempre alla ricerca. La filosofia yoga ci mostra che la vera felicità non si trova nella materialità, ma nello spirito: è un viaggio verso l’interno, verso l’ascolto e l’introspezione. Per stare bene non dobbiamo fare nient’altro che ascoltarci.

Anche la pratica delle asana a volte può essere una fonte di distrazione. Pensare che riuscire a toccare i piedi in hastapadasana ci avvicini alla felicità è un’illusione. Qualunque sia il nostro livello fisico, ciò a cui dobbiamo mirare è il nostro grado di rilassamento. Quanto riusciamo a rilassarci in qualunque posizione, in qualunque momento? Quanto siamo comodi e stabili, sempre. Questo è l’obiettivo.

Un’altra traduzione comune di Brahmacharya è castità, continenza e celibato, ma viste tutte le riflessioni appena fatte, anche tu ti accorgerai che si tratta di un’interpretazione molto riduttiva, specialmente per noi che non abbiamo fatto una scelta di tipo monastico.

Perciò, ancora una volta ti invito ad essere presente a te stesso, ad ascoltare il tuo respiro, a percepire tutte le informazioni che ti regalano i tuoi sensi e a osservarti nel tuo rapporto con loro. Ringraziali e servitene per ciò che possono darti. Ma quando vuoi cercare la serenità, la pace, l’armonia, guarda dentro.

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