03 Oct Dhyana, la pura concentrazione
Quando la concentrazione è stabile per un certo lasso di tempo, lasciamo andare qualcosa ed entriamo in uno stato di beata astrazione. Non ci sono più distrazioni e siamo totalmente immersi nel non pensiero. Questo stato si chiama Dhyana, il settimo passaggio tracciato negli Yoga Sutra di Maharishi Patanjali. Siamo nel campo della meditazione, che diventa sempre più profonda e libera.
La presenza mentale ci aiuta ad essere qui e ora, a meditare vivendo. Con Dharana abbiamo visto quanto sia importante fermarsi ad osservare i particolari di qualunque oggetto, qualunque attività con cui entriamo in contatto. Abbiamo scoperto che è possibile essere totalmente immersi in questa cosa, in qualunque cosa, basta sceglierlo e impegnarsi con fermezza.
Con Dhyana passiamo a un livello di profondità superiore, ci estraniamo da noi stessi, dal giudizio su come le cose debbano essere e dal ricordo di come sono nella nostra esperienza fin qui, e ci apriamo a scoprire il nostro oggetto di contemplazione (e di conseguenza anche il mondo) con occhi nuovi.
Questo lavoro così sottile e così preciso, ci aiuta piano piano ad allontanarci dal nostro ego, a mettere da parte una porzione di quello che crediamo essere noi e che a volte ci appesantisce con pensieri e una moltitudine di dinamiche interiori consce e inconsce. La meditazione ci invita a prenderci una pausa da tutte le vocine che abbiamo nella testa e da tutto questo, a ricordarci che siamo qualcosa che va oltre i nostri pensieri, siamo pura consapevolezza e intenzione.
Avvicinandoci alla contemplazione, ci spogliamo di tutte le maschere, degli occhiali, dei cappelli e dei vestiti che filtrano la nostra vita quotidiana e miriamo all’essenza. Una volta abbandonati l’ego e le sue idee, esistono soltanto tre cose: la netta certezza che esistiamo, la nostra mente libera da noi stessi e il soggetto della meditazione.
Ci sediamo su una sedia, a terra o su un cuscino con la schiena perfettamente eretta, stabilizziamo la posizione e scegliamo il respiro come oggetto di concentrazione. Restiamo con il respiro per un po’, finché tutti i pensieri saranno esauriti. Gradualmente, ci rilassiamo sempre di più e smettiamo di anticipare con la mente il prossimo respiro, smettiamo di descrivere che cosa accade al corpo e di reagire. Percepiamo e basta, come se fosse una cosa nuovissima e mai sperimentata prima. Accogliamo ogni attimo come nuovo.
Per aiutarci, portiamo le mani nel Dhyana mudra, il palmo destro sostiene il dorso della mano sinistra, il palmo sinistro aperto e i pollici uniti a formare un cerchio, che riempiremo con la nostra consapevolezza.
Seppure sia preferibile sperimentare forme di meditazione tradizionale, essere seduti in un silenzio raccolto non è l’unico modo per raggiungere questo stato. Possiamo farne esperienza anche durante la pratica di asana, sul tappetino.
Ripetiamo una posizione o una sequenza fino a conoscere tutti i dettagli fisici e mentali che ci suscita: tutti i muscoli coinvolti e quelli rilassati, la posizione del corpo nello spazio, la verticalità, l’armonia, l’equilibrio, l’assorbimento dei pensieri e delle emozioni che sorgono (Dharana). Continuiamo a restare nella posizione ancora per un po’, finché tutta l’attività mentale si esaurisce e resta solo il nostro stare: diventiamo comodi, riusciamo ad ammorbidire la muscolatura senza perdere la forma acquisita. riusciamo a non pensare più a niente, a non sentire altro che un benessere beato, stabile e leggero (Dhyana).
Come per tutto, ci vogliono pazienza, costanza, apertura. Questo tema ci accompagnerà a partire dalla metà del mese di ottobre, ci vediamo in sala yoga per praticarlo insieme e crescere sperimentando.
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