Ishvara Pranidhana, l’affidarsi

Ishvara Pranidhana, l’affidarsi

L’ultimo e più difficile compito per vivere serenamente secondo gli Yoga Sutra di Maharishi Patanjali è Ishvara Pranidhana, il quinto dei nyamas, che significa affidarsi abbandonandosi a una realtà superiore.

Nel nostro quotidiano siamo sempre portati a muoverci secondo un nostro personale pensiero, un disegno o un’idea che a un certo punto ci siamo messi in testa. “Vado qui, faccio questo, dico quella cosa là.” Decidiamo una cosa e ci impegniamo per realizzarla a modo nostro. Si vede già da bambini, quando iniziamo a sentirci individui. Un sano ego ci porta ad agire con cura e determinazione, consapevoli del nostro ruolo nella vita e nel contesto in cui siamo.

Non sempre però le cose vanno come ce le immaginiamo. Anzi, è molto raro che accada. Occorre perciò riconoscere quando è il momento di lasciare andare e attendere che le cose procedano (e magari si aggiustino) da sole. Magari dovremo cambiare idea, magari dovremo ripensare o riprogettare, o magari sarà solo questione di attendere. Capita, infatti, che ci battiamo ancora e ancora per realizzare quel sogno esattamente come lo avevamo pensato, senza accorgerci che si sta realizzando in un altro modo altrettanto soddisfacente.

Questo fluire si basa su una fiducia profonda e sostanziale nella saggezza originale che regola la natura e il mondo intero. La certezza che tutto andrà per il meglio, sempre, anche al di là della nostra comprensione. Ecco che qui si apre uno spazio per la componente spirituale che ci abita, a cui possiamo affidare i nostri pensieri, le emozioni, i dolori, le frustrazioni, i sogni, per poi proseguire lungo il cammino un po’ più leggeri.

Restare così morbidi ci permette di vedere le infinite possibilità della vita e di coglierle mentre si dispiegano davanti ai nostri occhi. Perché non sempre bisogna faticare o lottare per ottenere ciò che si vuole e a volte basta cambiare prospettiva.

Come sempre, partiamo dalla pratica sul tappetino per sperimentare che cosa significa affidarsi. Il nostro corpo è la connessione con la natura di tutte le cose, ci permette di vivere la realtà materiale e di modificarla. Il corpo è sia natura, sia il mezzo attraverso cui il nostro Io agisce su di essa.

La grande sfida dello Yoga è quella di ridimensionare il ruolo dell’Io: il suo compito non sarà più sempre di guidare il cavallo, ma di restare in sella e meravigliarsi di come è possibile, facile e bello camminare insieme. Ascoltare il respiro senza modificarlo, muoversi al suo ritmo naturale non condizionato dalla mente. Con la pratica, ci accorgeremo che c’è una forza in grado di ordinare la natura (e quindi anche il nostro corpo) e di farla muovere senza il nostro intervento. Osservandolo con costanza, curiosità e attenzione, sapremo che funziona così perfettamente da poterci fidare, affidare.

Proseguendo con il respiro che rilassa, possiamo ammorbidirci in qualsiasi posizione, e quando cesseremo lo sforzo potremo lasciarci andare a una nuova comodità.

Dal tappetino al quotidiano, ogni giorno potremo lasciarci andare un pochino di più e lentamente impareremo a capire l’ordine delle cose e a seguire la sua corrente con molte meno preoccupazioni.

Significa che non dobbiamo più avere sogni, obiettivi, traguardi? No di certo. Continueremo ad agire secondo la nostra forza di volontà, svilupperemo determinazione e focus per essere sempre la versione migliore di noi stessi, ma sapremo riconoscere quando finisce la nostra responsabilità. “Faccio quello che posso, quello che so e che coinvolge il mio ruolo, e lo faccio al massimo delle mie possibilità. Poi, lascio che la situazione si dispieghi e torno ad osservare i risultati, fluendo con loro.”

Possiamo sperimentarlo con il Karma Yoga, la pratica della concentrazione nell’azione. Ci dedichiamo a qualunque attività con impegno e dedizione, che sia lavare i piatti o coltivare la terra e persino nel nostro lavoro quotidiano, senza aspettarci un risultato preciso. Consapevoli del nostro impegno e dell’ordine naturale delle cose, ci fidiamo.

 

 

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