Pratyahara, la concentrazione dei sensi

Pratyahara, la concentrazione dei sensi

Pratyahara è il punto di passaggio, la chiave fondamentale che unisce la nostra esperienza nel mondo con la nostra esperienza interiore. Letteralmente significa astenersi dai sensi, ritrarre la loro dispersione e concentrarla per stabilizzare la mente.

Tutta la nostra esperienza del mondo avviene grazie al contributo degli organi sensoriali, straordinari percettori che raccolgono continuamente informazioni. Il tatto, la vista, l’udito, l’olfatto, il gusto sono sempre accesi e orientati a sentire ciò che avviene intorno a noi e ciò che ci riguarda. In qualità di animali, siamo sempre in allerta.

Vola una mosca, passa una nuvola, suona una campana, ci sfiora il vento, mastichiamo un frutto. Quanto spesso ci accorgiamo dell’importanza dei nostri sensi? Con quale energia e cura ne riconosciamo il valore? E se provassimo a dare loro una direzione?

In alcune situazioni è necessario che i sensi siano attivi e ben svegli per permetterci di vivere nel mondo, essere presenti e funzionare nella società. Quando guidiamo, quando siamo al lavoro, quando stiamo intrattenendo una conversazione.

Altre volte, invece, possiamo prenderci il lusso di estraniarci dal mondo che ci circonda e intraprendere un viaggio in un mondo interiore. Possiamo raccogliere la nostra attenzione e guidarla verso noi stessi. Raduniamo le percezioni all’interno del guscio che chiamiamo corpo, e progressivamente restringiamo sempre di più il campo percettivo fino a concentrarci sul centro del petto e sugli stati emotivi e spirituali che risiedono in quella zona.

Le esperienze di ritrazione del mondo dei sensi ci avvicinano alla meditazione, ci aiutano a lasciare fluire il mondo con le sue regole e le sue dinamiche e a trovare la nostra pace in ogni situazione.

Con la pratica yoga ci prepariamo a questo passaggio, ci alleniamo a guidare la mente sul corpo attraverso l’uso dei sensi e della concentrazione. Con la forza dell’intenzione, affiniamo la precisione dei gesti e del ritmo, seguiamo i movimenti del respiro e lasciamo che il corpo fluisca insieme a alla respirazione naturale. Abbandoniamo l’ego, quella spinta a decidere, ad agire, a modificare, e ci mettiamo in ascolto.

Piano piano, sarà sempre più facile spegnere la percezione del di fuori e accenderla dentro, e ci accorgeremo che è perfettamente possibile meditare mentre una mosca ci ronza intorno, mentre i vicini ascoltano la musica e mentre il caldo ci appiccica la pelle. Il mondo intorno ci sarà sempre più indifferente, impareremo ad accettarlo senza giudicarlo troppo e senza far dipendere la nostra serenità mentale da ciò che ci suscita.

Lo scorso mese abbiamo sperimentato un mura, o gesto delle mani, che ci aiuta a raccoglierci, a radunare i sensi e a spegnerli. Portiamo le mani sul viso e ognuna delle nostre dita va a coprire gli organi sensoriali. Il pollice sui lobi interni delle orecchie, i mignoli sul labbro inferiore, gli anulari sul labbro superiore, gli anulari sulle narici, gli indici sulle palpebre chiuse. Con un gesto delicato ma fermo, ci raccogliamo in Yoni Mudra, il simbolo del grembo materno: ovattiamo tutto e restiamo solo noi, come quando eravamo ancora un progetto di vita e stavamo al sicuro nella pancia della mamma.

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