04 Apr Swadhyay, la via della morbida consapevolezza
Swadhyay è il quarto dei niyamas, le indicazioni pratiche per vivere bene e relazionarci con noi stessi. Con questa parola difficile da pronunciare si indica lo studio di sé, che ci porta a una conoscenza più profonda di chi siamo realmente.
Ma chi siamo? Siamo le nostre azioni? Siamo i nostri pensieri o le attività mentali? Siamo le nostre emozioni? Siamo quella storia che ci auto-raccontiamo fin da piccoli? Siamo quello che gli altri dicono di noi? Siamo forse la persona che assume ruoli nel corso della nostra vita? Siamo quell’istinto che ci insegna quando dire di sì e quando è il caso di dire no? O siamo quell’entità che pensa, respira, sogna?
Il primo passo per una consapevolezza di sé è porsi delle domande, cambiare prospettiva, osservare e restare in ascolto. Tutte le posizioni Yoga possono aiutarci in questo percorso di auto-conoscenza.
Lasciando che il respiro si muova al suo ritmo e assumendo le asana con precisione, ci troviamo in posizioni diverse, inimmaginate, e utilizziamo parti di corpo che spesso restano dormienti. E allora lasciamo che queste parti si rilassino e sperimentiamo piccoli aggiustamenti fino a trovare una nuova forma di comodità. In questo modo, inneschiamo un processo che va dall’azione all’attenzione, dalla consapevolezza, all’ascolto e all’autoanalisi, per poi tornare all’azione.
Torneremo alla nostra vita quotidiana con più rispetto per ciò di noi che non possiamo cambiare e più apertura verso ciò che invece è malleabile e trasformabile con un po’ di esercizio.
Come sempre, dal tappetino al quotidiano il passo è in mano nostra. Abituarsi a riconoscere le nostre reazioni fisiche, mentali ed emotive ci insegnerà tanto su come trovare la nostra personalissima via per stare meglio.
Se presi in questa prospettiva, ogni cambiamento, ogni avvenimento che crea un qualche tumulto interiore e persino una malattia possono essere vissuti come opportunità per conoscerci meglio e per crescere. Sono tante le pratiche e le terapie che, oltre allo yoga, ci aiutano a trovare noi stessi per conoscerci e capirci meglio. A volte abbiamo bisogno di affidarci a professionisti per comprendere alcune dinamiche, per superare alcuni momenti e lasciare andare qualcosa che ci appesantisce in questo percorso. Proveremo la serenità dell’affidarsi, il conforto del sentirsi visti e compresi, e continueremo a tracciare le fila della nostra crescita.
Il rischio di Swadhyay, come di qualunque forma di studio, è di assorbire talmente tanto la nostra attenzione da finire per chiuderci in noi stessi e diventare ossessivi. I saggi ci mettono in guardia da questa chiusura dell’ego e ci ricordano che ogni pratica attiva deve essere seguita da una pratica di abbandono, abhyasa e vairagya (concetti bellissimi che approfondiremo un’altra volta), in quell’alternanza continua di inspiro ed espiro, sforzo e rilassamento.
Se terremo in mente questa alternanza, tutti gli sforzi che faremo per capirci, conoscerci e studiarci ci aiuteranno a raggiungere e mantenere una profonda gentilezza che comprende corpo, mente e spirito.
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