01 Dec Yoga per ‘fare’ una vita più libera
Quando parliamo di Yoga ci riferiamo a uno stato di unità di corpo, mente e spirito. Ci riferiamo a qualcosa che intendiamo sperimentare, e tutta la pratica tende a portarci in questa direzione. Come possiamo raggiungerlo? Attraverso la concentrazione, l’attenzione, l’ascolto.
I testi yoga parlano di Karma Yoga come una delle vie per raggiungere questo stato. Purtroppo in occidente tendiamo ad associare la parola ‘Karma’ con la legge di causa-effetto, la teoria del Karma. Qui invece facciamo riferimento a Karma con il suo significato primo di azione (dalla radice kri = fare). Tutta la nostra esperienza è basata su azioni, quindi impariamo come agire per raggiungere il benessere.
Da notare che con azione non intendiamo solo ciò che è visibile, ma anche azioni più sottili come il pensiero, l’intenzione, il sentimento.
Bene. E come dovremmo agire? Vediamo che cosa dicono i saggi.
Nel secondo capitolo della Bhagavad Gita, Krishna interviene per calmare Arjun in preda alla confusione e Karma Yoga è la prima tecnica che descrive. Possiamo riassumerla in tre punti:
- Lavora senza preoccuparti dei frutti delle tue azioni e rinuncia ai frutti delle tue azioni.
- Mantieni la tua mente in uno stato di equilibrio in ogni momento, nel successo e nel fallimento, sii equanime.
- Svolgi ogni lavoro al massimo delle tue capacità.
Ora la domanda è, quali azioni dobbiamo fare? Arjun dice, uccidere è sbagliato, quindi preferisco ritirarmi e non combattere questa guerra. Ed ecco che Krishna ci illumina. Giusto e sbagliato non esistono. Esiste ciò che il nostro ruolo ci chiede di fare e sta a noi farlo con la mentalità adeguata. Solo quando compiamo il nostro Dharma, il nostro compito, possiamo crescere nella vita spirituale. Arjun è un guerriero, e il suo compito è combattere. Ma combattere non perché prova piacere nell’uccidere, ma perché la sua missione è essere fedele al suo popolo.
Se proviamo a domandarci “qual è il mio compito?” la mente inizia a vagare e chissà dove ci porta. Il Karma Yoga ci dice, partiamo dalle cose piccole. In qualunque situazione, identifichiamo qual è il nostro ruolo, il nostro compito e seguiamolo con totale dedizione e impegno. Piano piano riusciremo a capire qual è il nostro Swadharma, la nostra missione, il nostro compito superiore. Che cosa siamo venuti a fare qui in questa vita.
Anche Maharishi Patanjali negli Yoga Sutra parla di Yoga dell’azione, Karma Yoga o Kryia Yoga (sutra II.1) e la descrive come la pratica cosciente in uno stato senza ego. Abbandono dell’ego nell’azione. Ci indica tre passaggi per per realizzarla e metterla in pratica:
- Tapas: la pratica della disciplina, la determinazione nell’azione, la concentrazione;
- Swadhyaya: lo studio di sé, l’osservazione delle proprie dinamiche mentali, la riflessione per la crescita personale;
- Ishwara Pranidhana: l’abbandono dell’ego, l’ascolto di quella forza che sta dentro e fuori di noi, ciò che ci guida, che è costante e immutabile.
Che cosa significa? Che quando facciamo un lavoro, quando ci avviciniamo a una qualunque attività pratica, ci spogliamo dei meccanismi della nostra mente, abbandoniamo quella parte di noi che vuole controllare tutto e semplicemente ci applichiamo in ciò che facciamo. Ci concentriamo. E poi lasciamo andare, non ci aspettiamo nulla in cambio, facciamo le cose bene semplicemente perché desideriamo fare un buon lavoro. E ci accorgeremo che con impegno e costanza, la concentrazione si farà sempre più limpida, sempre più forte.
Accadrà che verranno a galla emozioni e dinamiche che turbano la mente. Rabbia, frustrazione, perfezionismo, giudizio, paura. Affrontiamoli uno dopo l’altro, osserviamoli, comprendiamoli, lasciamoli dissolvere. Abbandoniamo tutto alla realtà superiore, all’amore, alla coscienza. Fidiamoci. La nostra mente smetterà di chiacchierare a vuoto e saremo liberi.
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